Negli ultimi tempi, in Italia, si parla molto di riformare il Senato, una delle due camere di cui è composto il nostro parlamento.
Lo stesso governo Renzi ha proposto di trasformare il Senato in un Senato delle autonomie locali, con minori poteri rispetto alla Camera dei deputati. Ma perché esistono due camere e che poteri hanno attualmente?

Fin dalla loro nascita, i parlamenti hanno avuto più camere, ossia più organi assembleari, distinti in una camera alta e una camera bassa.
Il primo parlamento al mondo che ebbe dei poteri reali fu quello inglese che era, ed è tutt’oggi, costituito da una camera dei Lord, che rappresenta la classe nobiliare ed è nominata dal sovrano, e la camera dei Comuni, che era espressione della borghesia e, a partire da un certo momento, cominciò ad essere eletta dal popolo.
Con l’avanzamento del processo di democratizzazione, il senso delle due camere è cambiato: la camera bassa ha cominciato ad essere espressione della nazione nella sua interezza e del principio della sovranità popolare e la camera alta ha iniziato a rispondere al principio dell’autonomia degli enti locali o degli stati federati. Anche in Italia è così, seppur in modo attenuato: l’articolo 57 della costituzione stabilisce che la nostra camera alta, il Senato della Repubblica, è eletto “a base regionale”, mentre l’articolo 56 prevede che quella bassa, la Camera dei Deputati, sia eletta “a suffragio universale e diretto”.

Se ci sono due camere, come si dividono tra di loro i compiti da svolgere?
L’Italia è l’unico paese al mondo a prevedere un bicameralismo perfetto o paritario. Ciò significa che le due camere hanno esattamente gli stessi poteri. Tutte le decisioni devono essere prese insieme da Camera e Senato.
In tutte le altre democrazie, vige invece il bicameralismo imperfetto, in cui le due camere hanno funzioni differenziate: la camera bassa è quella che ha il potere più ampio, mentre la camera alta ha delle funzioni minori. Per esempio, il compito di dare la fiducia al governo (cioè la facoltà di decidere della sua vita o della sua morte) spetta solo alla camera bassa. Inoltre, spesso la camera alta non influisce nel processo di formazione delle leggi, se non con dei pareri o con la possibilità in certi casi di chiedere un riesame delle decisioni prese dalla camera bassa.
Allo stesso tempo, la camera alta può essere dotata di poteri di raccordo tra lo stato e le autonomie locali o gli stati federati, in modo da garantire un equilibrio tra gli organi centrali e quelli periferici.

Ma il modello bicamerale non è l’unico esistente. È vero, è quello adottato dalle democrazie più popolose, ma il maggior numero di parlamenti al mondo è monocamerale: una sola camera detiene tutti i poteri. Anche in Europa, alcuni paesi come la Grecia, il Portogallo o la Danimarca hanno scelto questo sistema.
Un pregio del monocameralismo è quello di rispecchiare il principio affermato con la rivoluzione francese dell’indivisibilità della sovranità popolare.
Tra le ragioni, invece, che giustificano il bicameralismo vi è quella di evitare la concentrazione di potere in un solo organo collegiale creandone un secondo che faccia da contrappeso. Inoltre, l’esame da parte di due camere, garantisce alle leggi una maggiore ponderazione che dovrebbe assicurare una qualità legislativa più alta.
Ma questo meccanismo rischia di rendere più lento l’iter legislativo o a creare dei gironi danteschi, come avviene in Italia con la cosiddetta “navetta”, ossia il procedimento che costringe un progetto di legge a fare avanti e indietro tra Camera e Senato finché non viene approvato nello stesso identico testo.

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