Guarda il video sulla crisi in Ucraina.

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La guerra ci è pericolosamente vicina; sia sotto un punto di vista spaziale che temporale. Si sta sviluppando proprio sul territorio europeo, in barba all’italiano medio che guarda alle partite di calcio domenicali come alle battaglie più importanti da combattere. Sta maturando in Ucraina, ad appena 2.000 chilometri di distanza dal bel paese.

Perché è così importante sapere che cosa sta succedendo in Ucraina? Innanzitutto a causa della sua posizione geopolitica: non sono in molti a rendersi conto che il Paese – così come molti altri Stati dell’est Europa – costituisce un cuscinetto che dissuade Russia e Stati Uniti dallo scornarsi direttamente sui territori europei. Sul suolo ucraino passano infatti gli oleodotti di gas e petrolio provenienti dalla madrepatria e sono presenti i principali porti russi di accesso al Mar Nero – e quindi al Mar Mediterraneo.
Queste ragioni sono più che sufficienti al primo e al secondo mondo per litigarsi l’influenza sul Paese, avvalendosi delle fratture ideologiche, politiche e sociali già presenti da anni.

 

Le radici della crisi.
Per poter comprendere le cause e le conseguenze della rivolta ucraina sarebbe necessario esaminare la storia del Paese sin dal periodo sovietico; tuttavia noi ci limiteremo a iniziare dalle elezioni presidenziali del novembre 2004. In quell’occasione vinse Janukovyč, “erede” politico di Kuchma e amico del Cremlino, ma, riscontrati ingenti brogli a suo favore, ad essere eletto fu infine Juščenko, leader della “rivoluzione arancione”. Il nuovo presidente cercò di avvicinare l’Ucraina all’Unione Europea, giocandosi così qualsiasi tipo di appoggio da parte della Russia e fallendo nel tentativo; alle successive elezioni del 2010 venne quindi eletto Janukovyč, questa volta senza brogli.

Tornando ai giorni nostri, il 30 marzo 2012 l’Unione Europea e l’Ucraina iniziano ad avviare un accordo commerciale che tuttavia non sarebbe stato ratificato se la seconda non avesse affrontato alcune questioni sulla democrazia. Memore di ciò che era accaduto al suo predecessore e osservando la Russia iniziare sin da allora a chiudere le dogane in sfavore dell’Ucraina, Janukovyč decide di non firmare l’accordo. I provvedimenti preliminari di Putin, infatti, erano stati già sufficienti a far scendere il valore delle mancate esportazioni di 1,4 miliardi di dollari e la produzione industriale del 4,9%.
La mancata ratifica del trattato è l’evento scatenante della crisi.

 

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Euromaidan.
Con la discesa in piazza del movimento pro-UE contro la politica di Janukovyč, che contava centinaia di migliaia di manifestanti, è interessante osservare alcuni dati che possano aiutarci a comprendere meglio le profonde fratture ideologiche della popolazione Ucraina. Secondo i sondaggi del dicembre 2013, il 45-50% della popolazione avrebbe infatti supportato Euromaidan, mentre tra il 42-50% vi si sarebbe opposto. La maggior parte della popolazione a favore si trovava a Kiev e nelle regioni occidentali, mentre quella contraria nel sud e nel meridione del paese, dove le tradizioni russe sono molto più forti. La frattura non è solamente geografica, però: la maggioranza dei giovani si sarebbe infatti dichiarata pro-europeista, mentre le generazioni più anziane avrebbero preferito mantenere un’unione doganale con gli stati russi.

Non c’è da sorprendersi, dunque, sulla velocità con cui il conflitto si è sviluppato. Euromaidan è stata interpretata come una protesta, una rivoluzione o un vero e proprio colpo di stato a seconda degli interessi in gioco; è stata repressa dalla polizia e trasformata da alcuni partiti politici in una rivolta anti-sistema, nonostante gli obiettivi iniziali fossero del tutto pacifici. Gli scontri nella piazza di Kiev hanno provocato quasi 90 morti, di cui 70 tra i manifestanti e 17 tra le forze di polizia.

 

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La crisi della Crimea.
Nel febbraio 2014 le manifestazioni in Euromaidan portano all’esautoramento del presidente Janukovyč e del governo ucraino, spingendo la Russia a intervenire direttamente nel conflitto, rafforzando le proprie installazioni – già presenti – nel porto di Sebastopoli.
A fronte della situazione creatasi, la Crimea dichiarò la propria volontà di separarsi dall’Ucraina e indisse un referendum che ottenne il 96,6% dei voti positivi, con una partecipazione di 3 votanti su 4 aventi diritto. La legittimità di tale referendum è tuttavia respinta dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, che lo rintengono incostituzionale, mentre è accolto favorevolmente dalla Russia.
Il presidente Putin, in un discorso molto accalorato, dichiara la Crimea come parte della Russia per motivi morali e materiali, in virtù delle tradizioni russe ancorate nella regione e di accordi incostituzionali compiuti dai suoi predecessori. Viene citato anche il “principio di autodeterminazione dei popoli”, l’arma che i due grandi poli, russo e americano, preferiscono sfoderare quando le cose volgono reciprocamente a proprio favore – ma che, a quanto pare, viene tenuta in considerazione solo in questi casi.

In seguito, sempre più regioni dell’Ucraina, comprese le città di Donetsk e Luhansk, hanno iniziato a dichiararsi filo-russe e a pretendere l’indipendenza dal nuovo governo del presidente Turčynov, arrivando persino a combattere contro l’esercito regolare ucraino, forti di uomini e armamenti provenienti dal confine orientale. Questo comportamento è stato considerato oltraggioso sia dall’Unione Europea che dagli Stati Uniti, che hanno accusato Putin di stare muovendo un’”invasione furtiva” ai danni dell’Ucraina e hanno imposto gravi sanzioni economiche alla madrepatria. La sensazione generale è che Putin stia cercando di mantenere il controllo sul territorio ucraino anche ora che non c’è un presidente amico al governo; d’altra parte non si può dire che UE e USA non stiano facendo altrettanto, valendosi della necessità di un appoggio economico e politico da parte del Paese conteso.

 

In conclusione.
La preoccupazione va ovviamente agli innocenti rimasti coinvolti dalla rivolta: dall’inizio del conflitto sino a oggi più di 5.100 persone hanno perso la vita e più di 900.000 sono state costrette ad abbandonare la loro abitazione. Tuttavia è d’uopo concentrarsi anche sulle prospettive inquietanti a cui l’inasprirsi di questo conflitto ci condurrebbe: la NATO sta già rafforzando la sua presenza nell’est europa e la Russia sembra aver violato gli accordi di pace stipulati a Minsk qualche settimana fa. Uno scontro tra questi due colossi avrebbe conseguenze disastrose sull’Europa che, nonostante stia tenendo le parti dell’america, rischia di finire incastrata tra le mire imperialistiche di un’Oceania e un’Eurasia spaventosamente Orwelliane.
Noi speriamo che questa breve guida possa esservi stata utile per inquadrare meglio il conflitto ucraino e le sue complessità; perlomeno, per darvi coscienza di ciò che sta avvenendo così vicino al nostro paese.

Guarda il video sulla crisi in Ucraina.

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